Descrizione
Nelle pagine che seguiranno ho provato a ricostruire il puzzle del nostro viaggio in terra iberica, cominciato una notte di luglio dall’Oratorio di Sarezzo. Un diario che ripercorre giorno per giorno il nostro incedere sul Camino, ricco di tante cose: chiese da ammirare, natura incontaminata, piccoli villaggi da scoprire, abitanti che ti sorridono. Ma soprattutto fatto delle nostre fatiche, delle nostre preghiere, delle nostre risate, della nostra amicizia. Insomma, tutti noi, semplici pellegrini in bicicletta. Circondati da bellezze d’ogni sorta, siamo noi ad animare questo racconto. Noi a comparire tra le righe, coi nostri nomi o soprannomi; taluni che ci portiamo dietro da anni, altri creati dal nulla tra un campo di grano e l’altro; simpatiche abbreviazioni oppure nomignoli che spuntano quando si finge per qualche attimo la gara e che richiamano alla mente i ciclisti professionisti. Spero che il libro si faccia capire, che mostri quanto il nostro viaggio sia stato divertimento e piacevole scoperta. O meglio riscoperta di noi stessi, attraverso quel sentiero che ci ha portato a Santiago de Compostela, che ci ha svelato le bellezze nascoste di una Spagna bucolica. Un peregrinare in terra straniera, una terra che abbiamo bagnato di improvvisate espressioni spagnoleggianti, ma anche e soprattutto di brescianità, con i nostri articoli davanti ai nomi propri, con il nostro parlare a cadenze di “pota”, insomma con il nostro dialetto. Una lingua che (parafrasando una citazione di Dante fatta da Daniele Gozzetti) è un volgare “così irsuto e ispido per parole e accenti che, a causa della sua rozza asprezza, una donna che lo parli non solo va fuori misura, ma la potresti persino prendere per un uomo”. E come il viaggio è segnato dalla lingua dei bresciani, allo stesso modo il diario ne è intriso. Magari la forma non sarà proprio perfetta, ma quella mescolanza iberico-bresciana si è talmente ben amalgamata in quei giorni di mezz’estate 2004, che dividere le due cose pareva davvero impossibile. Andrea Alesci