Descrizione
Quando Maurizio Ferrari mi ha chiesto di scrivere un libro sulla vita di Mary Cressari ho pensato subito fosse una sfida che andava accettata. Raccontare gli esordi del ciclismo femminile in Italia nel quale Mary, con tutto il rispetto per le sue colleghe del tempo, è stata un’autentica pioniera, è stata una sfida intrigante. Cammin facendo tuttavia, mi sono accorto che le vicende biografiche di Mary andavano oltre l’aspetto agonistico sportivo legato al ciclismo. Le lotte che la Cressari ha dovuto affrontare per affermare un semplice diritto, quello di una pari dignità rispetto agli uomini nello sport, come nella vita, meritano di essere raccontate. Perché purtroppo, ancora oggi, la condizione femminile, anche nella civilissima Europa, presenta numerose criticità e l’autentica parità di genere è ancora lungi dall’essere raggiunta.
Mary non ha mai inteso fare battaglie politiche in stile femminista, ma semplicemente lottare come sapeva fare, in sella ad una bicicletta, pedalando forte quanto un uomo per dimostrare che pregiudizi e discriminazioni verso l’altra metà del cielo non hanno senso di esistere.
Quando un diritto, sia pure solo sportivo, le è stato negato, Mary ha reagito con grinta e fermezza facendo vedere la sua tempra, senza la quale non avrebbe stabilito tutti quei record su pista (cinque, dieci, venti chilometri, l’ora e i cento chilometri), e ottenuto in carriera 143 vittorie tra strada e pista, 83 delle quali per distacco.
Con una carriera che ha abbracciato un ventennio, dagli anni Sessanta alla fine degli anni Settanta, non ha potuto godere, nonostante la grande popolarità raggiunta in un certo periodo dopo i record, dell’esplosione del ciclismo femminile avvenuta a partire dagli anni Ottanta, con l’organizzazione di grandi corse a tappe come Giro d’Italia e Tour de France femminili e la partecipazione delle cicliste alle Olimpiadi che hanno portato le donne con la maglia azzurra a superare, in tempi recenti, i maschi in fatto di medaglie, titoli europei e mondiali conquistati su strada e in pista.
Le battaglie di Mary sono proseguite anche nel privato, da ragazza di campagna con poche prospettive davanti, a campionessa di ciclismo, un riscatto sociale avvenuto sui pedali fino a diventare orgoglio di un territorio e di una Nazione senza per questo rinunciare ad una famiglia propria, all’essere moglie e madre con gli alti e bassi che ciò comporta.
Una vita a suo modo avventurosa che spero, da uomo, di aver rappresentato degnamente in queste pagine e che meritava di essere raccontata perché ha molto da insegnare alle giovani donne di oggi, a partire dalla caratteristica principale per una donna di sport: il coraggio. Come scriveva Oriana Fallaci “…essere donna è così affascinante. È un’avventura che richiede un tale coraggio, una sfida che non annoia mai”.