Descrizione
In queste pagine le parole, ispirate da stupore o meditata riflessione, pare siano state a lungo pensate e soppesate, quindi scelte e infine distillate in nitide epigrafi. Esse danno forma tangibile a un’inquieta e sofferta ricerca esistenziale. Al contempo, sembrano trattenere per naturale discendenza ragioni antiche e austere, quelle di una civiltà – non sappiamo se Magna Grecia o millenario Mediterraneo – che ha modellato, con lo scirocco e la salsedine, paesaggi arsi e visi rugosi.
Una civiltà che riverbera, privata magicamente della condizione terragna, nei tanti e suggestivi disegni di Donatello Pisanello, ben più che didascalico corredo ai testi: ricami di filigrana policroma, nel figurare cordofoni, ance e tamburi, raccontano l’incantamento di ritmi ipnotici, melodie taumaturgiche, danze rituali.
Eppure, disvelando precisamente i sentimenti di una storia personale e gli umori sapienti di una terra rischiarata da “luce che fiera e accecante ferisce”, le parole ordinate in questi fogli invitano a dimenticarne l’intenzione originaria per evocare gl’infiniti sensi di ciò che, diverso in ciascuno, a tutti in fondo appartiene.
Il mare è portato nel cuore da chi lo naviga, ma può risuonare anche in coloro che ne hanno solo vagheggiato l’orizzonte. E quel Salento, quel Sud che “restituiva esistenza all’origine” e si trasfonde nell’estasi di ieratici dervisci è un luogo che non ha più confini poiché appartiene alla geografia dell’anima.