Descrizione
Qualche mese fa, quando decisi di dare visibilità a tutto il materiale che poeti e scrittori bresciani mi avevano inviato, nei tre anni del Natale nelle Pievi, pubblicandone i testi (grazie all’editore Massetti Rodella che con grande fiducia ha accettato questa scommessa), mi trovai ad affrontare una mole incredibile di materiale cartaceo.
Confesso che restai stupito: non pensavo che il volume potesse contenere circa 100 pagine, senza contare l’altro materiale che purtroppo, con mio grande rincrescimento dovetti scartare. Ora devo dire che, come ideatore di questa manifestazione, me ne compiaccio, perché un’opera del genere è frutto del legame, forte e mai interrotto, che ho con le mie origini, dalle quali ho tratto ispirazione per molti dei miei allestimenti in vernacolo che parlano di fatti, di tempi e di persone della mia infanzia, di un mondo cioè che attraverso il teatro, viene fatto rivivere con amore e capacità poetica e nel quale è bello, per chi quel mondo, quelle “radici” sente ancora nell’animo, immergersi ancora per trarne motivi di vita e ispirazione di valori.
Mi auguro, per l’amore che mi lega alla mia terra, che la pubblicazione di tutto questo materiale entri a far parte del nostro patrimonio culturale insieme ad altre opere, ispirate alla brescianità e alla sua gente. Vorrei che questo lavoro ci rammentasse che un popolo non solo ha in comune la lingua, in questo caso il dialetto, ma altri valori che deve sentire cari ed irrinunciabili, quali l’amore per la propria terra, per il suo sviluppo, per la sua crescita culturale ed economica, ma soprattutto, il più grande, il sentimento della solidarietà: questi valori abbiamo appreso nel dialetto trasmesso dai nostri Padri, questi valori dobbiamo trasmettere ai nostri figli. Mi piace mettere in scena i racconti in dialetto perché così posso ricordare a me stesso e riferire a chi vede quelle esperienze umane, culturali e sociali di uomini, di cose, di avvenimenti che io ho osservato, direttamente o attraverso gli affascinanti racconti di mio nonno. Quando ho iniziato a mettere in scena testi, poesie, racconti in dialetto, mi sono posto più volte la domanda: “In lingua o in dialetto?”. Alcuni spettacoli li ho allestiti nell’una e nell’altro per verificarne l’efficacia. Ho scelto, per molti, il dialetto perché quei “quadretti” di vita perdevano calore, colore, luce, vitalità, effervescenza se detti in lingua; perdevano le connotazioni particolari di una esperienza contadina che può non conoscere confini, ma va registrata in “quella parlata”, nell’unità di tempo e di luogo personali.
Teniamo nel dovuto conto che i testi dialettali non sono soltanto riscoperta di motivi folcloristici, ma sono pensieri che si sono fatti vita reale; sono sentimenti scaturiti dalle regioni più profonde degli animi; sono valori acquisiti in ambienti umani e sociali difficili e spesso avversi; sono tradizioni, usanze, costumi maturati dalle esperienze dei “saggi”; sono testimonianza di una religiosità genuina che permeava di divino ogni avvenimento quotidiano; sono gioie e malinconie, tristezze e speranze, scherzi e crudeltà reali, arguzie e debolezze che ci raccontano vicende individuali proiettate negli spazi di una storia universale. La valenza universale del “mondo del dialetto” è testimoniata dalla partecipazione interessata e fattiva di molti giovani scrittori, attori e musicisti, alla rassegna.
I dialetti sono un vivaio di sapienza; sono messaggeri di prezioso valore e compongono i profili di una civiltà che seppe dare luce alla vita tra le avversità e le ingiustizie della storia. Una storia che sfogliava le sue pagine tra fatiche, dolori, soprusi, rinunce, speranze e pienezza di sentimenti e di affetti anche nei silenzi, nei silenzi inquieti di ombre da mettere in fuga per dare anima all’anima e resuscitare, per nuovi sogni e nuove speranze da offrire a quei figli che scrutavano i padri e da loro apprendevano la forza che s’innalza e si fa valore di vita reale anche nei patimenti del cammino. Seppero tingere così, l’avvenire di campi di grano e i giorni si sommarono ai giorni in un calendario che additava percorsi nuovi per approdi nuovi.
Così nel panorama dei testi rappresentati su tematiche tradizionali, si aggiungono temi di forte attualità e il dialetto diventa un filo conduttore, un ponte fra passato e presente, contribuisce alla continuità della storia di un popolo.
Agli attori, registi, musicisti e cori che hanno partecipato con impegno e successo, alle due precedenti edizioni e che sentitamente ringrazio, si aggiungono quest’anno altre prestigiose personalità del panorama culturale e artistico bresciano con le quali sono onorato di collaborare.
La Rassegna Provinciale Natale nelle Pievi, si conferma sempre più una manifestazione che intende dare spazio e opportunità a 360 gradi al territorio, sul piano letterario, stimolando gli scrittori o poeti ad affrontare il Natale non solo con la libera metrica della poesia, ma anche con un più complesso esercizio dello scrivere un racconto e ad attori e musicisti.
Privilegiare le forze presenti che operano sul territorio, vuol dire dare un’opportunità di crescita e di scambio alla cultura locale.
Un grazie a tutti coloro che anche quest’anno hanno creduto in questa scommessa ed agli assessori dei Comuni che hanno aderito numerosi.
(Pietro Arrigoni)